A cura di ADB ITALIA
Nessun sistema musicale, per quanto ingegnoso, avrà una validità duratura se non terrà conto del modo in cui viene prima percepito dall’orecchio e poi analizzato dal cervello.
Galileo Galilei (1564-1642)
Le consonanze gradevoli sono coppie di toni che colpiscono l’orecchio con una certa regolarità; questa consiste nel fatto che gli impulsi emessi dai due toni, nello stesso intervallo di tempo, saranno in numero commensurabile.
Non sorprende scoprire che il suono viene registrato in modo altrettanto proporzionale al modo in cui viene prodotto. Il tono strumentale può essere analizzato in termini dei suoi parziali costituenti, del suo modello di sovratoni. Questa si chiama analisi di Fourier ed è fondamentalmente lo stesso processo che avviene nella coclea dell’orecchio umano; poiché le cellule nervose sulla membrana basilare all’interno della coclea agiscono come risonatori armonici, registrando le frequenze in modo proporzionale. La consonanza percepita di due toni suonati insieme dipende quindi dalla relativa semplicità del rapporto tra le due frequenze e implicitamente, tra le due lunghezze di corda che le hanno prodotte. Quindi, se ascoltiamo vibrare due corde di uguale massa e sotto uguale tensione, una lunga la metà dell’altra, le sentiremo più armoniose di due corde, una delle quali è quattro quinti della lunghezza dell’altra.
Questa naturale preferenza per la semplice proporzione numerica nell’altezza può essere dimostrata anche dal punto di vista del ritmo. Al di sotto dei 26 Hz la vibrazione cessa di essere percepita come tono ma piuttosto, in impulso periodico, o ritmo. Sembrerebbe logico quindi che i principi della proporzione del tono si riflettano in quelli del ritmo. Seguendo l’esempio precedente è chiaramente più facile battere due impulsi simultanei in un rapporto di 1 contro 2 che mantenere un ritmo incrociato di 4 contro 5. La consonanza deriva dalla percezione dell’ordine.